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Prima un Ictus e poi il Covid: la storia di Riccardo, guarito grazie all'affetto della famiglia

La moglie, in questi giorni, ha inviato alcune foto nelle quali sono insieme a pranzo fuori e ha ringraziato il personale infermieristico per quanto fatto e per aver scelto di attuare un'assistenza personalizzata dove la famiglia diventa alleata nel percorso di cura.

Prima un Ictus e poi il Covid: la storia di Riccardo, guarito grazie all'affetto della famiglia
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Gli affetti innanzi tutto. Sono stati quelli che hanno fatto scattare la molla e dato a Riccardo Pieri la spinta per guarire. Lo racconta Silvia Pierinelli, coordinatrice infermieristica dell'area Covid19 del San Jacopo. "Era necessario un recupero clinico veloce, vista anche la giovane età del paziente, e abbiamo pensato che solo la famiglia potesse aiutarlo".

Prima un Ictus e poi il Covid: la storia di Riccardo

Ricoverato nel reparto neurochirurgico a Careggi e poi trasferito nei giorni prima di Natale al San Jacopo, nell'area Covid19 diretta dal dottor Gabriele Nenci con diagnosi di ictus e con positività al Covid il signor Pieri, 51 anni e padre di due gemelli di 7 anni, e due ragazze di 24 e 20 anni, nei giorni successivi alla fibrinolisi e sempre seguito dal team della neurologia diretta dal dottor Gino Volpi, aveva recuperato quasi completamente l'ambito motorio ma presentava una grave disfagia oltre ad afasia: non si alimentava più autonomamente e pertanto era portatore di sondino naso gastrico e, in più, non riusciva a comunicare ed era anche molto depresso.

Pierinelli, dopo un confronto con i colleghi ha ritenuto indispensabile il supporto della famiglia, ma, purtroppo, anche la moglie doveva attendere il risultati del tampone ed era in quarantena.

"Abbiamo così deciso di attivare un'assistenza infermieristica personalizzata con l'intervento della logopedista, la dottoressa Barbara Scardigli, dei fisioterapisti coordinati dal dottor Simone Bonacchi e della nostra psicologia clinica ospedaliera di cui è responsabile la dottoressa Cristiana Barni, e - continua Pierinelli- oltre a questo abbiamo iniziato ad utilizzare il cellulare attraverso il quale il paziente ha potuto comunicare con la moglie e i suoi figli: vederli e ascoltarli".

La famiglia prima di tutto

Quando la moglie è risultata negativa al coronavirus gli infermieri hanno organizzato la sua visita in reparto per coinvolgerla nel piano assistenziale predisposto per il marito. "I familiari, e in questo caso la moglie - continua la coordinatrice- rappresentano una grande risorsa per stimolare i pazienti a livello cognitivo perché hanno le chiavi di un linguaggio che noi non conosciamo e che, anche nel caso specifico, ha funzionato per sbloccare la situazione clinica e avviarla verso il pieno recupero".

L'immediata interazione con la moglie Michela, il sollievo di non sentirsi solo e le quindi le terapie unite al supporto della famiglia nell'intraprendere e seguire il percorso riabilitativo hanno portato alla guarigione: Riccardo ha iniziato ad alimentarsi da solo e dopo un breve periodo in riabilitazione presso un'altra struttura ospedaliera è tornato a casa.

Il dottor Nenci ha sottolineato l’importante collaborazione fra specialistiche, in particolare tra internisti e neurologi che si è realizzata nel setting D diretto dal dottor Massimo Giusti. In questi giorni il paziente che continua ad essere seguito dalla neurologia, ha svolto la vista di controllo con il dottor Volpi complimentandosi e ringraziando l’équipe medica. Pieri proseguirà il percorso riabilitativo e di inquadramento diagnostico all’ospedale San Jacopo.

E poi il pranzo al ristorante...

La moglie, in questi giorni, ha inviato alcune foto nelle quali sono insieme a pranzo fuori e ha ringraziato il personale infermieristico per quanto fatto e per aver scelto di attuare un'assistenza personalizzata dove la famiglia diventa alleata nel percorso di cura.

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